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Lello Esposito

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Le Grandi Teste di Napoli - Gli Occhi di Federico II

Polo Universitario di Scampia

La gigantesca testa di Federico II collocata all’ingresso del Polo Universitario di Scampia fa parte del ciclo che Lello Esposito ha dedicato a Le Grandi Teste di Napoli, un progetto che raccoglie e colleziona, come all’interno di un archivio della memoria da conservare e tutelare per le future generazioni, idee, sperimentazioni e ‘affermazioni’ formali intorno al tema figurativo della testa, per eccellenza il genere iconografico della scultura. Nel corpus di opere di Lello la testa è una tipologia sempre presente e fortemente caratterizzante la sua produzione artistica.

Ma che cosa significano per Lello le ‘Grandi Teste’? Ovviamente non sono semplicemente in riferimento alla loro grande dimensione, sia nei dipinti che nelle opere plastiche. La grandezza è da intendere piuttosto quella dei personaggi effigiati. E dunque non poteva mancare, nella circostanza dell’ottavo centenario della fondazione dell’Ateneo fridericiano, la Grande Testa di Federico II, progettata e realizzata per l’occasione, un’opera liberamente ispirata alle miniature medievali e soprattutto alla testa scultorea dell’imperatore svevo ‘in maestà’ attualmente conservata al Museo Provinciale Campano di Capua, consistente in un calco della testa ottenuto non dall’originale collocato sulla sommità della Porta di Capua, come si ritiene erroneamente, ma da una riproduzione in gesso eseguita dallo scultore Tommaso Solari.

La scultura di Esposito si riallaccia direttamente agli acroliti, le teste realizzate in pietra o marmo posizionate sopra una struttura in legno coperta da panneggi, che nel mondo greco e romano erano destinate alla personificazione delle divinità venerate nei templi. La testa frontale di Federico, dagli occhi bucati ma fortemente penetrativi, può essere affiancata a quella di San Gennaro che Lello conserva ed espone nel suo atelier nelle Scuderie del Palazzo Sansevero, nel cuore di Napoli.

Dal punto di vista della tecnica, Lello ha seguito l’intero processo tradizionale, dalla progettazione attraverso disegni e bozzetti, alla modellazione del prototipo a grandezza naturale in terracruda, dalla formatura del gesso, fino alla fusione avvenuta in fonderia.

Simbolicamente, la Grande Testa di Federico II – “in persona” – è stata collocata permanentemente lì dove un tempo era una delle “vele” a Scampia, un’aerea periferica della città che ha urgente bisogno di riqualificazione urbana, sociale e culturale, al cui processo il nuovo Polo universitario con la sua presenza ha già contribuito fornendo un importante apporto.

Testo di Isabella Valente

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M° Lello Esposito 2

Biografia dell'artista

Dal volto di eterno ragazzo, Raffaele, Lello, Esposito, classe 1957, ha avviato sin da giovanissimo un percorso di ricerca lungo e impegnativo, fortemente coerente, coniugando sin dall’inizio tradizione e innovazione. Ha infatti sondato le possibili vie consentite dalle esigenze dell’arte contemporanea, sempre in espansione sia per linguaggi sia per esperienze e soluzioni visuali, in relazione con la tradizione stratificata e radicata nella Napoli antica e moderna, nella Napoli di sempre. Rapporto dicotomico e, a volte, ossimorico, ma che Lello ha riportato sul binario dell’equilibrio stabile, creando vere opportunità per soluzioni artistiche del tutto nuove e al contempo perfettamente riconoscibili.

Da sempre Lello ha attuato una costante riflessione sugli elementi simbolici presenti nella millenaria cultura napoletana, popolare e alta, due caratteri in perfetta fusione e convivenza. A tale riflessione ha aggiunto una inesauribile azione di rielaborazione, che lo ha portato a concepire potenzialmente infinite declinazioni fino alla trasfigurazione. Una cultura napoletana che Lello considera universale, congenita nell’umanità stessa, ma che porta in sé il carattere della stratigrafia culturale partenopea, una e molteplice.

Identità e metamorfosi sono i concetti chiave del pensiero e del linguaggio di Lello Esposito, che da più di quarant’anni caratterizzano la sua produzione artistica, che passa attraverso il disegno, la pittura, la scultura, l’installazione e i lavori site-specific, interventi progettati e realizzati negli spazi pubblici non soltanto napoletani.

È possibile affermare che le opere di Lello sono oggi parte integrante del patrimonio materiale e immateriale della città di Napoli, ma che travalicano allo stesso tempo i suoi confini geo-storici, riuscendo a radicarsi altrove. Divengono quindi cifra distinguibile, opere d’arte che vivono una propria autonomia, che si raccontano in quanto ‘segni’ di quell’alfabeto iconico partenopeo che, adottando forme contemporanee, diventa linguaggio universalmente riconosciuto. Le opere di Lello sono esse stesse icone della cultura napoletana.

Il percorso espositivo di Lello è lungo e complesso. Ha esposto in molte collettive, in Italia e all’estero, e ha al suo attivo numerose personali. Le sue opere figurano in diverse collezioni pubbliche e private, nazionali e internazionali.

Lo stesso studio dell’artista in Palazzo Sansevero, nel cuore della città, potrebbe essere definito un’opera d’arte site-specific. È un luogo di creazione e di incontro, collocato nei locali che ospitarono un tempo i laboratori alchemici di Raimondo di Sangro, VII principe di Sansevero. Lo studio è un universo informale di materia e colore. Di fronte, nello stesso edificio, si trova l’atelier aperto al pubblico, crocevia, anche per la sua straordinaria posizione, di popoli e di lingue. L’atelier occupa le antiche scuderie del palazzo, altro luogo magico dove si alternano bronzi colossali, come la gigantesca Testa di San Gennaro, una del ciclo Le Grandi Teste di Napoli, che con i suoi occhi vuoti e bui penetra chi entra, a serie di opere più piccole, i corni di metallo o colorati, o le installazioni, come quella composta da 150 tubi innocenti (i bastoni d’“’o pazzariello”), con “capuzzelle” di Garibaldi in bronzo, che fissano immobili l’osservatore (sul retro il tricolore dipinto con colori sbiaditi, tuttavia ancora resistenti, come si presentava al ‘Padiglione Italia’ della 54a Biennale di Venezia del 2011), disposti in file diritte, ordinate, soldatesche, fino alle sculture e ai dipinti dedicati immancabilmente a Pulcinella. Maschera e uomo, personaggio della Commedia dell’Arte e filosofo, entità cerebrale e spirituale, di sensi, di cuore e di mente, Pulcinella è da sempre al centro della riflessione di Lello, concentrata sin dagli esordi sulle molteplici forme e opportunità tematiche e semantiche che è in grado di offrire. Il Pulcinella di Lello è uno e tutto, e ogni napoletano lo sa. È una piccola testa di burattino, modellata quando era poco più che un ragazzo, è la prima scultura realizzata dall’artista, si trasforma in corno, in un corpo aperto, in un cadavere. È oggetto e soggetto di una sperimentazione in continua evoluzione. Un Pulcinella in bronzo a grandezza naturale, solare e sorridente, accoglieva nel 1994 i visitatori della mostra Napoli e il cinema al Beaubourg di Parigi. Ma Pulcinella è anche ‘addolorato’, quel Pulcinella nero, struggente, simbolo di dolore e di morte. È un novello Atlantide che sorregge il peso della vita e della storia dell’umanità. Se cammini per Napoli e ti volti, eccolo che spunta nel dedalo di vicoli o che, con mani sui fianchi, ti guarda dall’alto della stazione Salvator Rosa della metropolitana. Non c’è niente di oleografico, nessun cliché. Il Pulcinella di Lello è di Lello, libero da condizionamenti, intellettualistico e riconoscibile. È quindi anche una sfida: da quando si è appropriato di lui, lo fa crescere, lo trasforma e lo reinventa ogni giorno, gli conferisce ora questo ora quel significato. Uno e centomila, solitario e collettivo, ironico e dolente, metafisico e carnale, oggetto dada o soggetto iconico, il Pulcinella di Lello è la sua riproposta a Pulcinella.

L’arte di Lello Esposito non è istintiva; è un’arte concettuale che si muove con grande equilibrio tra perizia tecnica, nuove espressioni artistiche, continua riflessione e conseguente rielaborazione dei maggiori temi della cultura popolare napoletana, divenendo essa stessa un’icona fra le icone della terra partenopea e mediterranea.

Testo di Isabella Valente

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